per capirci

GIACOMO 1, 2-4

Fratelli, considerate come motivo di gaudio perfetto le diverse prove alle quali voi potete essere esposti, sapendo che la fede messa
alla prova produce la pazienza. E' necessario però che la pazienza compia perfettamente l'opera sua, affinché voi siate pure perfetti ed
integri, senza mancare in niente.(Giacomo 1; 2-4)

Emmanuel

giovedì 22 agosto 2013

L'ubbidienza pratica


Perché tanta insistenza?

L’apostolo Paolo, al giovane collaboratore e pastore Timoteo, in una sua lettera, gli scrive: “predica la parola, insisti a tempo e fuor di tempo, riprendi, rimprovera, esorta con ogni pazienza e dottrina”  (2 Ti. 4:2).

Notate la forza dei termini che usa:  …insisti “a tempo e fuor di tempo” …riprendi …rimprovera …esorta.  Insistere e riprendere in ogni circostanza, rimproverare ed esortare: a fare che cosa? A che uomini, donne e bambini prestino la massima attenzione al messaggio dell’Evangelo, alla Parola che Dio rivolge loro in Cristo, lo ritengano e diligentemente lo mettano in pratica, diligentemente vi ubbidiscano. Perché? Perché questa è la Parola che indica loro la via della salvezza e di una vita giusta e buona, gradita a Dio.

Insistenza, dunque. Chi insiste sempre su qualche cosa di solito diventa noioso, fastidioso,  importuno. Eppure qui l’apostolo esorta il suo discepolo a insistere “a tempo e fuor di tempo”. Altre versioni dicono: “In ogni occasione, opportuna e non opportuna” (CEI), “in ogni occasione, favorevole e sfavorevole” (NR), “insisti in ogni occasione” (TILC), nella stagione giusta e fuori stagione! Perché? Perché la cosa è urgente, urgente come prestare ascolto ad una sirena d’allarme che suona, non per esercitazione, ma perché il pericolo è imminente e bisogna passare al più presto all’azione per …salvarsi la pelle!

E’ così per il messaggio dell’Evangelo? Si, è così. La Scrittura dice al riguardo del Cristo e dell’importanza vitale del suo messaggio: “Guardate di non rifiutare colui che parla, perché se non scamparono quelli che rifiutarono di ascoltare colui che promulgava gli oracoli sulla terra, quanto meno scamperemo noi, se rifiutiamo di ascoltare colui che parla dal cielo” (Eb. 12:25).

Questo è il senso della mia stessa “insistenza” sull’importanza della Bibbia: vera Parola di Dio, infallibile, inerrante, sufficiente, autorità ultima nella fede e nella condotta. Il nostro interesse nella Bibbia deve essere solo “accademico” e culturale? No. Esso deve essere finalizzato all’ubbidienza. Infatti: a che serve la predicazione domenicale nel culto? A che serve uno studio biblico? Perché veniamo esortati a leggere e meditare la Parola di Dio scritta, la Bibbia, a livello personale e quotidiano? Perché tutto questo lo dobbiamo mettere in pratica nella nostra vita!

Lo scopo ultimo di ogni predicazione, di ogni studio biblico, di ogni lettura biblica personale è l’applicazione, cioè il tradurlo in pratica nella nostra vita.

SOLO Un esercizio di retorica?

A volte, però, ho l’impressione che tutte queste cose siano davvero parole al vento, che si ascoltano, magari si apprezzano, ma che non si trasformino mai in ubbidienza pratica, che si dimentichi ben presto quel che si è udito, che ci sia sempre qualche scusa per non trasformare quello che si è udito, diligentemente, nella nostra pratica quotidiana, e che quindi ci si possa domandare veramente “a che serve”?

Una situazione simile era quella a cui era andato incontro il profeta Ezechiele. Doveva portare il messaggio di Dio al suo popolo, messaggio di giudizio e di salvezza, ma non sarebbe stato facile. Avrebbe avuto frustrazione e tragiche delusioni, ma era stato avvertito fin dall’inizio, fin dalla sua originale vocazione.

Ascoltate qual era stato il mandato del profeta Ezechiele: "E mi disse: «Figlio d'uomo, alzati in piedi e io ti parlerò». Mentre egli mi parlava, lo Spirito entrò in me e mi fece alzare in piedi, e io udii colui che mi parlava. Egli mi disse: «Figlio d'uomo, io ti mando ai figli d'Israele, a nazioni ribelli che si sono ribellate contro di me, essi e i loro padri si sono rivoltati contro di me fino a questo giorno. Quelli ai quali ti mando sono figli dalla faccia dura e dal cuore ostinato, e tu dirai loro: Così dice il Signore, l'Eterno. Sia che ascoltino o rifiutino di ascoltare, perché sono una casa ribelle, sapranno tuttavia che c'è un profeta in mezzo a loro. E tu, figlio d'uomo, non aver paura di loro e non aver paura delle loro parole, anche se ti trovi attorniato da ortiche e da spine e abiti in mezzo a scorpioni; non aver paura delle loro parole e non spaventarti di fronte a loro, perché sono una casa ribelle. Ma tu riferirai loro le mie parole, sia che ascoltino o rifiutino di ascoltare, perché sono ribelli. E tu, figlio d'uomo, ascolta ciò che ti dico; non essere ribelle come questa casa ribelle; apri la bocca e mangia ciò che ti do». Io guardai, ed ecco una mano tesa verso di me; ed ecco in essa vi era il rotolo di un libro. Egli lo distese quindi davanti a me era scritto di dentro e di fuori e vi erano scritti lamenti, gemiti e guai" (Ez. 2).

Sempre nel libro del profeta Ezechiele troviamo questa situazione. I capi del popolo ed il popolo stesso erano giunti pure a volere ascoltare le parole del profeta. Avevano persino convocato delle speciali assemblee per questo. Una cosa però era stare ad ascoltare, …un’altra era ubbidire a ciò che, da parte di Dio, il profeta loro comunicava.

In occasione dell’annunciata presa di Gerusalemme da parte degli invasori assiri, il popolo chiede di ascoltare il responso dell’Eterno Iddio sul da farsi, ma la Sua Parola viene rivolta al profeta in questi termini: "Quanto a te, figlio d'uomo, i figli del tuo popolo parlano di te presso le mura e sulle porte delle case, si parlano l'un l'altro, dicendo ognuno al proprio fratello: "Venite a sentire qual è la parola che viene dall'Eterno". Così vengono da te come fa la gente, si siedono davanti a te come il mio popolo e ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica; con la loro bocca, infatti mostrano tanto amore, ma il loro cuore va dietro al loro ingiusto guadagno. Ecco, tu sei per loro come una canzone d'amore di uno che ha una bella voce e sa suonare bene uno strumento; essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica. Ma quando la cosa avverrà (ed ecco sta per avvenire) riconosceranno che in mezzo a loro c'è stato un profeta»" (Ezechiele 33:30-33).

Notate questa curiosa ultima espressione: “tu sei per loro come una canzone d'amore di uno che ha una bella voce e sa suonare bene uno strumento; essi ascoltano le tue parole, ma non le mettono in pratica”. Si, per loro la predicazione era …uno spettacolo, un intrattenimento, un esercizio di retorica e di estetica… non le precise istruzioni di un comandante (Dio) che intende essere ubbidito dai suoi soldati. Potrebbe essere anche questo il nostro caso?

Si, la Parola di Dio è intesa a trasformare la nostra vita ed è quindi di vitale importanza, sia che sia una predicazione, uno studio biblico, o la lettura devozionale della Bibbia da parte del cristiano, imparare ad applicare la Scrittura alla nostra vita.

L’apostolo Giacomo scrive: "Perciò, deposta a ogni lordura e residuo di malizia, ricevete con mansuetudine la parola piantata in voi, la quale può salvare le anime vostre. E siate facitori della parola e non uditori soltanto, ingannando voi stessi. Poiché, se uno è uditore della parola e non facitore, è simile a un uomo che osserva la sua faccia naturale in uno specchio; egli osserva se stesso e poi se ne va, dimenticando subito com'era. Ma chi esamina attentamente la legge perfetta, che è la legge della libertà, e persevera in essa, non essendo un uditore dimentichevole ma un facitore dell'opera, costui sarà beato nel suo operare. "(Gm. 1:21-26).

Ascoltano la Parola di Dio, ma…

La situazione spirituale del tempo in cui vive il profeta Ezechiele era di grande decadenza. Il popolo di Israele mancava del vigore spirituale, dell’entusiasmo, dello spirito di iniziativa che aveva caratterizzato i momenti migliori della sua storia. Aveva perduto il senso stesso della sua identità, del motivo per cui Iddio lo aveva portato all’esistenza, e trascinava stancamente la sua vita portato qui e là da interessi mondani, dalle mode del momento, da beni materiali. Questa carenza di spirito di iniziativa si manifestava in mancanza di visioni e progetti politici, sociali e culturali, anzi, nel tessuto sociale erano tollerate corruzione ed ingiustizia. La nazione viveva nel ricordo delle glorie del passato, quella passata vitalità, però, era del tutto ora assente. ( Vi ricorda qualcosa tutto questo?). 
Ecco quindi che tutto questo rendeva la nazione debole e facile ed ambita preda delle mire imperialiste di popoli stranieri, che ben presto avrebbero prevalso derubando il paese delle sue ricchezze e cancellandone l’identità.

In tre esemplari occasioni troviamo i capi del popolo che si recano presso Ezechiele, l’uomo di Dio e Suo portavoce, per consultarlo. Riconoscono la sua autorità, ma credono che l’ascolto formale delle sue parole basti. Ezechiele denuncia i loro idoli, ma il loro cuore è attaccato a queste cose e non c’è nulla che possa farli rinunciare ad essi. Gli idoli sono tutto ciò che nella nostra vita prende il posto di Dio, o ne assume un'importanza più grande. 


1. Idoli e abominazioni. La prima volta (cap. 8) lo spirito di Dio gli fa avere la chiara visione di ciò che in Israele avviene in segreto. Vede innalzato in Israele “l’idolo della gelosia”: “Quindi egli mi disse: «Figlio d'uomo, alza ora i tuoi occhi verso il nord». Così alzai i miei occhi verso il nord, ed ecco, a nord della porta dell'altare, proprio all'ingresso, c'era l'idolo della gelosia. Ed egli mi disse: «Figlio d'uomo, vedi ciò che fanno costoro, le grandi abominazioni che qui commette la casa d'Israele e che mi fanno allontanare dal mio santuario? Ma tu vedrai abominazioni ancora più grandi” (Ez. 8:5,6). Che cosa potrebbe essere per noi “l’idolo della gelosia”? Forse l’invidia dell’apparente prosperità di coloro che disprezzano Dio e la Sua legge? Ezechiele così denunzia come questo faccia allontanare Israele da Dio.

Vede poi culti segreti: Così entrai a guardare, ed ecco ogni sorta di rettili e di bestie abominevoli e tutti gl'idoli della casa d'Israele, intagliati tutt'intorno sulla parete. ... Quindi mi disse: «Figlio d'uomo, hai visto ciò che gli anziani della casa d'Israele fanno nell'oscurità, ciascuno nella camera delle sue immagini? Infatti dicono: "L'Eterno non ci vede, l'Eterno ha abbandonato il paese” (Ez. 8:10-12). Si, pensano che Dio non veda, che “sia partito”, in realtà sono loro che hanno abbandonato Iddio. Quali e quante sono le cose che noi facciamo “in segreto” contravvenendo alla Sua volontà rivelata? Eppure Dio vede ogni cosa, e la registra accuratamente.

Ezechiele vede “donne che piangono Tammuz”, che si entusiasmano cioè per le “telenovelas” pagane nel loro tempo e se ne lasciano influenzare (Ez. 8:13). Che cos’è che oggi eccita le nostre passioni? Quanti “stimolanti artificiali” eccitano i nostri sensi per il nostro proprio piacere, indebolendo il nostro corpo e la nostra psiche, svuotando la nostra testa di ciò che più conta?

Ezechiele vede la violenza che prevale nel paese: “«Hai visto, figlio d'uomo? È forse piccola cosa per la casa di Giuda commettere le abominazioni che commette qui? Essi infatti hanno riempito il paese di violenza e mi hanno ripetutamente provocato ad ira (8:17). “«L'iniquità della casa d'Israele e di Giuda è estremamente grande; il paese è pieno di sangue e la città è piena di depravazione. Infatti dicono: "L'Eterno ha abbandonato il paese, l'Eterno non vede" (Ez. 9:9). Se si continua così, vi saranno gravissime conseguenze per tutti, ammonisce Ezechiele. Il popolo ascolta “riverente”. Voi mi direte: ecco che passa all’azione, che si ravvede, che cambia la sua condotta… No, pensa che la Parola di Dio che il profeta riferisce sia “una musichetta”, un teatro in cui vengono rappresentati drammi di fantasia. No, si tratta invece di realtà. 


2. Idoli segreti. Una seconda volta i capi di Israele vanno presso Ezechiele e vogliono ascoltare la Parola di Dio. Che bravi, che zelanti, non è vero? Le parole di Ezechiele non hanno ambiguità alcuna: “Poi vennero da me alcuni anziani d'Israele e sedettero davanti a me. Allora la parola dell'Eterno mi fu rivolta, dicendo: «Figlio d'uomo, questi uomini hanno eretto i loro idoli nel loro cuore e hanno posto davanti a sé l'intoppo che li fa cadere nell'iniquità. Mi lascerò dunque consultare da costoro? Perciò parla e di' loro: Così dice il Signore, l'Eterno: Chiunque della casa d'Israele erige i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l'intoppo che lo fa cadere nell'iniquità e poi viene dal profeta, gli risponderò io, l'Eterno, a proposito di questo, secondo la moltitudine dei suoi idoli per far presa sui cuori di quelli della casa d'Israele che si sono allontanati da me a motivo di tutti i loro idoli. Perciò di' alla casa d'Israele: Così dice il Signore, l'Eterno: Convertitevi, allontanatevi dai vostri idoli e distogliete la faccia da tutte le vostre abominazioni. Poiché, se un individuo qualsiasi della casa d'Israele o degli stranieri che risiedono in Israele si separa da me, erige i suoi idoli nel suo cuore e pone davanti a sé l'intoppo che lo fa cadere nell'iniquità e poi viene dal profeta per consultarmi per suo mezzo, gli risponderò io, l'Eterno da me stesso. Volgerò la mia faccia contro quell'uomo, ne farò un segno e un proverbio e lo sterminerò di mezzo al mio popolo; allora riconoscerete che io sono l'Eterno” (Ez. 1:8).

Notate qui come non si tratti soltanto di idoli materiali, ma di “idoli nel loro cuore”, come il profeta li chiami al ravvedimento, e come ci siano minacce se questo non avviene. Eppure pensate che passino all’azione? Niente affatto. Ascoltano, ascoltano soltanto. Non è incredibile questa loro passività, questa loro indifferenza? Vengono ad ascoltare, ma per loro è come …una musica di sottofondo! La predicazione della Parola del Signore è fatta affinché sia ubbidita. Sono stati però avvertiti, le conseguenze verranno, se non presteranno ascolto. Neppure queste minacce, però, riescono a smuoverli. 


3.  Prendersi gioco di Dio. Un’altra volta ancora gli anziani di Israele vengono a consultare il profeta Ezechiele e il tono ora è diverso, ed è come se dicesse: “Perché continuate a venire a consultare Dio? Pensate di “essere bravi”, ma vi state prendendo gioco di Dio. A che vale che voi veniate e poi non mettiate in pratica quello che udite? Or avvenne nel settimo anno, il dieci del quinto mese, che alcuni degli anziani, d'Israele, vennero a consultare l'Eterno e sedettero davanti a me. Quindi la parola dell'Eterno mi fu rivolta, dicendo: «Figlio d'uomo, parla agli anziani d'Israele e di' loro: Così dice il Signore, l'Eterno: Siete venuti per consultarmi? Com'è vero che io vivo, non mi lascerò consultare da voi», dice il Signore, l'Eterno” (Ez. 20:1-3). E poi Ezechiele passa in rassegna tutta la storia di Israele, e sembra dire: “Pensate che Dio scherzi quando parla? Pensate forse che le Sue siano parole al vento?

Se mettete in pratica la mia Parola, solo allora per voi saranno le mie benedizioni.  “"Voi dunque, casa d'Israele», così parla il Signore, l'Eterno: «Andate, servite ognuno i vostri idoli; ma in seguito mi darete ascolto e non profanerete più il mio santo nome con i vostri doni e con i vostri idoli. Poiché sul mio monte santo, sull'alto monte d'Israele», dice il Signore, l'Eterno, «là tutta la casa d'Israele, tutti quanti saranno nel paese, mi servirà; là io mi compiacerò di loro, là richiederò le vostre offerte e le primizie dei vostri doni insieme a tutte le vostre cose consacrate. Io mi compiacerò di voi come di un profumo di odore soave, quando vi avrò fatti uscire di mezzo ai popoli e vi avrò radunati dai paesi nei quali siete stati dispersi; e sarò santificato in voi agli occhi, delle nazioni. Voi riconoscerete che io sono l'Eterno, quando vi condurrò nella terra d'Israele, nel paese per il quale avevo alzato la mano e giurato di dare ai vostri padri. Là ricorderete la vostra condotta e tutte le azioni con le quali vi siete contaminati e proverete disgusto di voi stessi per tutte le malvagità che avete commesso. Così riconoscerete che io sono l'Eterno, quando agirò con voi per amore del mio nome e non secondo la vostra condotta malvagia né secondo le vostre azioni corrotte, o casa d'Israele dice il Signore, l'Eterno»” (Ez. 20:39-44).

Perché l’applicazione è importante

Si, la Bibbia ci è stata data per insegnarci a rapportarci con l’Onnipotente Iddio e per come possiamo vivere in questo mondo secondo la Sua volontà. Ci è stata data per cambiare la nostra vita e per conformarla sempre meglio a quella di Gesù Cristo. L’apostolo Paolo afferma chiaramente: “Tutta la Scrittura è divinamente ispirata e utile a insegnare, a convincere, a correggere e a istruire nella giustizia” (2 Ti. 3:16).

La Bibbia è un libro pratico, esso riguarda la vita concreta. Uno studio biblico che non miri all’applicazione personale può solo essere un esercizio accademico senz’alcun valore spirituale. La Bibbia è stata scritta per essere applicata alla nostra vita. Notiamo alcuni importanti fatti. 


1Non si conosce realmente la Parola di Dio fintanto che non la si applica nella nostra vita. Un giorno Gesù disse ai Sadducei (un partito liberalizzante della società israelita di quel tempo): “Voi sbagliate, non comprendendo né le Scritture né la potenza di Dio” (Mt. 22:29). Essi avevano una conoscenza intellettuale delle Scritture, ma non ne applicavano personalmente i principi. Alcuni oggi considerano la conoscenza della Bibbia come “cultura generale” come conoscere i fatti della storia del nostro paese, o le caratteristiche della nostra civiltà. Certo, si può essere coscienti delle radici bibliche della nostra civiltà, ma è vano o sciocco, disattendendone i precetti, perché se ne rimarrebbe del tutto privi dei suoi benefici. Altri la leggono o la ascoltano come un esercizio estetico, ma che sarà servito questo quando ciò che essa minaccia si realizzerà e non si era prestato ascolto ai suoi ammonimenti? " Si potrebbe anche avere una conoscenza enciclopedica della Bibbia, ma non servirebbe a nulla, è del tutto vano ed anche sciocco, se non se ne praticassero i precetti nella vita quotidiana


2Studiare la Parola di Dio può diventare anche pericoloso se la si studia senza applicarla.


a) Può infatti portare all’arroganza: “la conoscenza gonfia, ma l'amore edifica” (1 Co. 8:1)Vi sono molti “esperti di Bibbia” e anche con tanto di dottorato, che ritengono di saperla lunga su questi scritti, di giudicarli, di decidere ciò che secondo loro è “accettabile” o “inaccettabile”. “La conoscono”, ma la loro vita è vissuta come i suoi avversari, nella disubbidienza, nella sfida arrogante di Dio. Si ritengono maestri della sua interpretazione. La manipolano abilmente, come Satana che, durante le tentazioni di Cristo, sapeva ben usarla a proprio vantaggio e contro Cristo (Mt. 4:1-11), ma si può stare certi che questo non rimarrà senza conseguenze. Il giudizio di Dio cadrà inesorabile su chiunque usi la Parola di Dio con arroganza in questo modo.

b) Studiare la Parola di Dio senza applicarla può essere pericoloso perché la conoscenza esige l’azione.Conoscere la Bibbia richiede il metterla in pratica in modo fedele ed ubbidiente. Ciò che l’uomo sa deve trovare espressione in ciò che fa. “Siate facitori della parola e non uditori soltanto, ingannando voi stessi”(Gm. 1:22). Gesù disse: “chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, io lo paragono ad un uomo avveduto, che ha edificato la sua casa sopra la roccia” (Mt. 7:24). Una vita fondata sull’ubbidienza resiste anche agli attacchi più violenti di Satana. Davide diceva: “Ho esaminato le mie vie e ho rivolto i miei passi verso i tuoi precetti. Senza alcun indugio mi sono affrettato ad osservare i tuoi comandamenti”(Sl. 119:59-60). Disattendere ciò che Iddio ci comanda nella Bibbia è stolto ed autolesionista, perché essa ci è stata data per il nostro bene.

c) Studiare la Parola di Dio senza applicarla può essere pericoloso perché la conoscenza aumenta la responsabilità. Conoscere ciò che è giusto e vero e non metterlo in pratica significa essere passibili, da parte di Dio, di un maggiore castigo. “Chi dunque sa fare il bene e non lo fa, commette peccato” (Gm. 4:17). 


3Applicare il messaggio biblico, però, implica impegno e noi siamo fondamentalmente pigri e tendenti alla faciloneria. L’applicazione è la parte più difficile dello studio biblico. Perché è così duro applicare la Scrittura alla nostra vita? Perché esige una seria riflessione, perché Satana ci attaccherà in modo spietato, perché per natura resistiamo ad ogni cambiamento.


(a) Esige seria riflessione. Siamo noi “gente che pensa”, riflette con scrupolosità? A volte è necessario un lungo periodo di meditazione (riflessione, concentrazione, preghiera) prima di scoprire come applicare la verità biblica che abbiamo scoperto. A volte significa scoprire sotto una regola temporanea un principio eterno. A volte sotto un’usanza locale si può nascondere un fatto di valore universale. Senza prenderci tempo per riflettere accuratamente rischiamo di non vederlo. 
(b) Bisogna anche dire che quando noi prendiamo le cose seriamente Satana ci attaccherà in modo spietato. “In che modo ora posso mettere in pratica ciò che ho letto?” dobbiamo dire. Lui però non vuole che ci facciamo questa domanda. Gli attacchi più forti di Satana spesso sopraggiungono quando, durante le nostre devozioni giornaliere, cerchiamo di applicare ciò che abbiamo studiato. Certo non costituiremo una minaccia per lui limitandoci ad una conoscenza intellettuale. Quando però prendiamo seriamente la cosa e cerchiamo di applicarla nella vita, egli ci combatterà con denti ed unghie. Allora …è meglio non farlo, potremmo dire. Satana, però, non mantiene ciò che promette, e alla fine saremo solo noi ad avere la peggio. Satana lo si combatte; chi pensa di “stare in pace” con lui non troverà la pace, perché la sua natura è di essere bugiardo ed omicida. Egli odia chi mette in pratica la Parola di Dio. 
(c) Per natura facciamo resistenza ai cambiamenti. Spesso “non ce la sentiamo di cambiare”, ma questo è proprio ciò che Iddio esige. Viviamo spesso secondo le nostre emozioni, e non secondo la nostra volontà, perché ci accontentiamo di essere quel che siamo. Alcuni cristiani dicono che “non si sentono di leggere la Bibbia”, che “non si sentono di pregare”, che “non si sentono di evangelizzare”. “Sentire”, però, non ha nulla a che fare con la vita cristiana, perché i sentimenti vanno e vengono. La chiave stessa per la maturità spirituale è vivere per Cristo non perché “ce la sentiamo di farlo”, ma perché è la cosa da fare! Certo il diavolo si assicurerà che mai noi ce la sentiamo! L’ubbidienza è nostro preciso dovere. Punto e basta.

Ubbidienza, non cerimonie

Un giorno il re Saul aveva pensato di fare un omaggio a Dio eseguendo una cerimonia religiosa. Il profeta Samuele, però l’aveva rimproverato. L’ubbidienza vale più di un atto formare religioso, anche il più eccelso, agli occhi di Dio“Samuele disse: «Gradisce forse l'Eterno gli olocausti e i sacrifici come l'ubbidire alla voce dell'Eterno? Ecco l'ubbidienza è migliore del sacrificio, e ascoltare attentamente è meglio del grasso dei montoni. Poiché la ribellione è come il peccato di divinazione, e l'ostinatezza è come il culto agli idoli e agli dei domestici. Poiché hai rigettato la parola dell'Eterno anch'egli ti ha rigettato come re». Allora Saul disse a Samuele: «Ho peccato per aver trasgredito il comando dell'Eterno e le tue parole, perché ho avuto paura del popolo e ho dato ascolto alla sua voce. Ma ora, ti prego, perdona il mio peccato e ritorna con me, perché mi possa prostrare davanti all'Eterno»” (1 Sa. 15.22-25). Notate qui l’espressione: “l’ostinazione (a non volere ubbidire) è come il culto degli idoli”. Quand’anche noi non adorassimo statue di legno, Iddio ci considererebbe idolatri, se noi disubbidissimo alla Sua voce!

Vorrei concludere con un’indicazione pratica. Quando leggiamo un brano della Bibbia, un buon aiuto ci potrebbe venire compilando un modulo che ci assiste a trarne veramente beneficio.

Comprende sei spazi: 

(1)la data in cui leggiamo quel testo biblico; 

(2)il nome del libro biblico, capitolo e versetto/i studiati. 

(3)Preghiera: dobbiamo sempre chiedere al Signore di assisterci facendoci ben comprendere il significato del testo e soprattutto a trovare la sua applicazione pratica nella nostra vita di tutti i giorni; 

(4)Meditazione: lo spazio in cui, con parole nostre, riassumiamo che cosa abbiamo imparato dal testo in esame;

(5)Applicazione: lo spazio in cui scriviamo come intendiamo ubbidire a ciò che abbiamo appreso. Dovrà essere un’applicazione personale, pratica e verificabile, affinché non sia qualcosa di troppo generale e campato in aria. Il punto di riferimento costante quando studiamo ed applichiamo la Scrittura è la Persona di Gesù Cristo. Dobbiamo chiederci: “Questa applicazione mi aiuta a diventare sempre più simile a Gesù Cristo? 

(6)Memorizzazione: il versetto più importante di quel testo che dovremo imparare a memoria, affinché la lezione rimanga ben impressa nella nostra coscienza. Questo è un modo serio di leggere la Bibbia.


Un uomo un giorno chiese ad un cristiano che stava uscendo dal culto domenicale: “E’ finita la predica?”. Il cristiano gli rispose saggiamente: “No, prosegue da adesso in poi. Il sermone è stato predicato, ma ancora deve essere messo in pratica”
Se non applichiamo i pensieri che Dio ci ha comunicato, diventiamo spiritualmente duri ed insensibili. Diventiamo insensibili alla potenza dello Spirito Santo di operare nella nostra vita. L’applicazione della Parola di Dio è vitale e necessaria alla nostra salute spirituale e alla nostra maturazione cristiana.

Rammentiamoci dunque di ciò che veramente sta a cuore al Signore: l'ubbidienza è migliore del sacrificio”. 
Non formalità e cerimonie, dunque, ma pratica della Parola del Signore. Ecco perché così tanta insistenza: senza la nostra ubbidienza pratica tutto è vano, inganniamo noi stessi e ci priviamo delle benedizioni che ne potremmo avere. Ne vale la pena?

di Paolo Castellina



"«Il Signore, il nostro Dio, è quello che serviremo, e alla sua voce ubbidiremo!»" 
(Giosué 24:24)

Badate a voi stessi

 
L’apostolo Paolo esortò gli anziani di Efeso a badare a se stessi (Atti 20:28): un breve sermone che non si impara velocemente! A riguardo di questa esortazione, vorrei considerare insieme con voi cosa significa badare a se stessi.

1. Badate che la grazia salvifica di Cristo abbia operato efficacemente nei vostri cuori

Badate a voi stessi affinché, mentre proclamate al mondo la necessità di essere salvati da Cristo, non restiate privi della grazia che offrite agli altri. Badate a voi stessi affinché, mentre esortate gli altri a scampare dalla morte eterna, non siate i primi a perire. Badate a voi stessi per non morire di fame mentre distribuite il Pane della vita agli altri peccatori. La promessa di risplendere “come le stelle in eterno” è riferita a coloro che, oltre ad aver“insegnato a molti la giustizia” (Daniele 12:3), sono stati resi partecipi della grazia in prima persona.
Molti hanno messo in guardia altri sul pericolo dell’inferno, mentre essi stessi, in seguito, vi si sono precipitati. Numerosi predicatori sono finiti in quel luogo di tormento, pur avendo esortato centinaia di volte chi li ascoltava ad applicarsi con attenzione e diligenza per scampare la loro anima. Può Dio salvare coloro che, pur annunciando il Vangelo ad altri, rifiutano di essere salvati? Possono fuggire l’ira a venire coloro che trascurano edabusano delle verità che predicano? Conosco alcuni sarti che vanno vestiti di stracci, mentre confezionano vestiti eleganti per i loro clienti! E ci sono delle cuoche che stentano a vivere, eppure imbandiscono tavolate ricche di cibi succulenti! Credetemi fratelli, Dio non salverà nessun uomo perché è un predicatore, né perché è un buon predicatore, ma egli salva i peccatori perché li giustifica e li santifica. Badate a voi stessi, dunque, affinché siate ciò che cercate di persuadere altri ad essere e abbiate creduto di cuore alle verità che vorreste inculcare nel cuore di coloro cui predicate. 
È una cosa terribile essere un cristiano nominale, ma è ancora più tremendo essere un predicatore non salvato! Non tremate quando, aprendo la vostra Bibbia, leggete quella che potrebbe essere la vostra condanna? Quando preparate i vostri sermoni, non pensate che quello potrebbe costituire un atto d’accusa contro voi stessi? Quando predicate contro il peccato, state pronunciando un giudizio contro voi stessi! Quando proclamate le insondabili ricchezze di Cristo e della sua grazia, condannate l’incredulità del vostro cuore! Un predicatore inconvertito è una delle creature più infelici della terra. Chi vive questa condizione non si rende conto del proprio stato ed è simile a colui che possiede molti sassi che siccome assomigliano ai gioielli della grazia gli impediscono di vedere la propria povertà. Anzi, queste persone ripetono a se stesse: «Sono ricco, mi sono arricchito e non ho bisogno di niente» (Apocalisse 3:17). Un predicatore può conoscere le Scritture, compiere opere di giustizia, non vivere dominato da peccati grossolani, riprendere coloro che trasgrediscono i comandamenti e servire l’altare giorno e notte, pur rimanendo inconvertito. Quale tragedia morire di fame pur avendo a disposizione tanta abbondanza!
Se coloro di cui sto parlando mi ascoltassero seriamente, esaminerebbero se stessi per vedere se sono nella fede e, anziché continuare a predicare agli altri, comincerebbero a richiamare se stessi a ravvedimento. Un predicatore inconvertito che comprendesse la condizione in cui si trova, comincerebbe a rendersi conto che nel giorno del giudizio sarà vano domandare: «Signore, Signore, non abbiamo noi profetizzato in nome tuo?» (Matteo 7:22). Quale conforto può trarre Giuda Iscariota dal ricordo di aver annunciato il Vangelo insieme agli altri apostoli e di essere stato chiamato da Cristo “amico”? Consiglio a queste persone di lasciare che queste verità lavorino le loro coscienze e, in seguito, di predicare alla propria congregazione un sermone applicando a se stessi le parole del Salmo 50: «Dio dice all’empio: “Perché vai elencando le mie leggi e hai sempre sulle labbra il mio patto, tu che detesti la disciplina e ti getti dietro alle spalle le mie parole?”» (vv. 16-17). Esponete questo testo con le lacrime agli occhi, confessate davanti all’assemblea il vostro stato di peccato e fate richiesta delle loro preghiere affinché Dio vi conceda il suo perdono e possiate predicare un Salvatore che avete incontrato e conosciuto personalmente.
Ahimè, questa è una delle più gravi calamità che possa abbattersi sullachiesa di Dio! Uomini che diventano predicatori prima di diventare cristiani. Uomini che sono appartati ed ordinati ministri del Vangelo prima di essere stati santificati mediante la consacrazione del cuore. Uomini che adorano un Dio sconosciuto, che predicano un Cristo che non hanno mai incontrato, affidandosi ad uno Spirito che è lontano da loro.Come possono costoro parlare di comunione con Dio, di santità di vita, di gloria e di beatitudine se non hanno sperimentato nessuna di queste realtà? Oh, che i giovani che aspirano al ministero pongano mente a queste cose! Infatti, invano si applicano agli studi se non conoscono Dio e non aspirano a lui. A che serve lo studio di varie discipline se non cerchiamo Dio in esse? Conoscere e contemplare Dio, temerlo ed adorarlo, amarlo e gioire in lui: questa è la vera filosofia, mentre tutto il resto è solo stoltezza. Il mondo non ha conosciuto Dio con la propria sapienza e gli uomini, dichiarandosi savi, sono diventati stolti.
2. Badate di non accontentarvi di essere stati salvati, ma vegliate su voi stessi affinché le grazie che Dio vi ha donato portino frutto e siano ravvivate, e i sermoni che preparate siano predicati al vostro cuore
La vostra opera non è fine a se stessa, bensì tende al benessere spirituale della chiesa. Se il vostro animo è rivolto alle cose di lassù, il gregge che dovete pascere ne trarrà i benefici e, nell’ascoltarvi, si renderà conto che avete goduto una profonda comunione con Dio. Ciò che abbiamo nel cuore è ciò che giungerà alle orecchie della nostra congregazione. Vi confesso che sto parlando in base alla mia triste esperienza, in quanto mi accorgo che coloro dei quali devo prendermi cura risentono del mio stato d’animo. Quando il mio cuore è freddo, lo è anche la mia predicazione, e quando sono confuso, tale è anche la mia predicazione. In altre parole, posso rendermi conto della mia condizione osservando quella di coloro che mi ascoltano predicare.
Noi siamo come la “nutrice” di coloro che appartengono a Cristo. Se non cibiamo correttamente noi stessi, anch’essi cresceranno malnutriti. I nostri fratelli saranno “magri” e il servizio che renderanno a Dio sarà fiacco. Se l’intensità del nostro amore diminuisce, come potremmo ravvivare il loro? Se non camminiamo santamente nel timore del Signore, la nostra predicazione lo manifesterà. E se non sarà il contenuto dei nostri sermoni a dimostrare il nostro declino, lo sarà il nostro modo di vivere. Se ci cibiamo di errori dottrinali o di inutili controversie, coloro che ci ascoltano saranno i primi a fare le spese della nostra stoltezza. Al contrario, se abbondiamo in fede, amore e zelo, anche la nostra congregazione crescerà nella grazia e saremo di grande benedizione. 
Oh, fratelli! Badate a voi stessi dunque! Vegliate sul vostro cuore e mortificate le concupiscenze mondane. Perseverate nella fede, camminate con zelo nell’amore e non vagate qua e là, ma rimanete in casa e spendete il tempo che avete a disposizione in comunione con Dio. Non inganniamo noi stessi e gli altri con un fervore simulato, perché non sarà accompagnato dalla benedizione che scende dall’alto! Soprattutto, impieghiamo molto tempo pregando e meditando la Scrittura, perché è quando entriamo in questa “cameretta” che Dio fa scendere il fuoco dal cielo per consumare i sacrifici che gli offriamo. Ricordatevi che se trascureremo queste cose non saremo solo noi a cadere, ma anche coloro ai quali siamo preposti nel Signore. Per amore del gregge affidato alle vostre cure: badate a voi stessi!
3. Badate che il vostro comportamento non contraddica ciò che predicate
Badate a non essere un ostacolo che faccia inciampare colui che è cieco e non smentite col vostro comportamento ciò che avete affermato con le vostre parole. Questo peccato fa pensare alla gente che la Parola di Dio sia una filastrocca e che la predicazione del Vangelo non sia altro che un vano cianciare. Colui che crede davvero ciò che afferma, vivrà secondo quanto afferma! Una sola espressione d’orgoglio, una parola volgare, una discussione troppo animata o un solo atteggiamento dissoluto è sufficiente a rendere inutile la nostra predicazione. Ditemi, fratelli, nel timore del Signore, desiderate che la vostra opera porti frutto? Volete che le verità che predicate siano sperimentate da coloro che vi ascoltano? Come? Questo è ciò a cui ambite e non siete pronti a sopportare un torto, né siete disposti a rinunciare a qualcosa per favorire coloro che sono nell’indigenza?Desiderate che la vostra opera porti frutto e non volete assumere un atteggiamento più umile, essere più condiscendenti con coloro che considerate gli ultimi? Ahimè! Quanti di noi studiano molto per predicare correttamente, ma poco per vivere santamente! Una settimana intera non ci sembra sufficiente per preparare un sermone di due ore, mentre un’ora spesa meditando sul nostro comportamento ci pare già troppa!
Fratelli, certamente quello di cui stiamo discutendo è un motivo validissimo per badare sia a ciò che diciamo sia a ciò che facciamo. Se “metteremo in pratica” i comandamenti di Dio, saremo altresì “felici nel nostro operare” (Giacomo 1:25). Se coloro che ci ascoltano devono “mettere in pratica la Parola e non ascoltarla soltanto” (Giacomo 1:22), noi dobbiamo essere facitori e non soltanto predicatori! La medesima fatica che impieghiamo nel preparare i nostri sermoni dovrebbe essere profusa per vivere una vita santa. Quando studiamo quello che dobbiamo predicare, se davvero siamo interessati alla condizione spirituale di coloro che ci devono ascoltare, ci domandiamo: «Cosa posso dire per condurli alla salvezza?» Allo stesso modo, dovremmo diligentemente interrogare noi stessi domandandoci: «Come posso comportarmi per persuaderli a credere e quale deve essere il mio atteggiamento per guadagnarne il maggior numero?» Se la salvezza delle anime è il nostro obiettivo, lo perseguiremo quando saremo sul pulpito e quando ne saremo discesi! Non solo le parole della vostra bocca, ma anche il denaro del vostro portafogli sarà speso per il bene eterno degli altri! Che questo sia il nostro impegno quotidiano: usare tutto ciò che Dio ha messo a nostra disposizione per salvarne il maggior numero. Se pensate che il ministero sia solo studiare e predicare, vi sbagliate di grosso! E se questa fosse la vostra opinione, sareste indegni di essere chiamati ministri di Cristo!
Lasciate, dunque, che vi esorti con fervore ad essere “zelanti nelle buone opere” (Tito 2:14).
a) Siate irreprensibili e senza macchia

Il vostro comportamento condanni il peccato e sia un esempio per gli altri. Pretendete, forse, che coloro dei quali dovete prendervi cura si preoccupino dell’anima più di voi? Se volete che essi “recuperino il tempo” (Efesini 5:16), voi non sprecatelo! Se desiderate che i loro discorsi non siano futili e vani, siate i primi a parlare di ciò che edifica, affinché ciò che dite conferisca grazia a quelli che ascoltano (Efesini 4:29). Se volete che le loro famiglie siano ordinate e sobrie, governate le vostre come si conviene. Non siate superbi ed autoritari e anch’essi saranno mansueti. Di fronte all’ostinazione ed agli sbagli degli altri, carne e sangue vi suggeriranno di usare le stesse armi e di risolvere i vari problemi che incontrerete ricorrendo alla sapienza “carnale”. Se, però, ritenete che sia meglio imitare Cristo che Alessandro o Cesare, allora “non lasciatevi vincere dal male, ma vincete il male con il bene” (Romani 12:21). Ricordatevi che siete stati chiamati ad essere servi di tutti; perciò non estraniatevi dal gregge, ma familiarizzate con coloro che sono stati affidati alle vostre cure facendo loro del bene.
b) Abbondate in opere caritatevoli

Visitate i poveri, informatevi di ciò che necessitano e dimostrate in concreto la vostra compassione. Non siate avari, ma fate del bene a tutti e non cercate cose grandi per voi stessi e per i vostri posteri. Infatti, cosa perderete se impoverite per andare incontro ai bisogni altrui? Se insegnate che bisogna avere fede in Dio e farsi un tesoro in cielo, mostrate agli altri che credete in ciò che predicate! La nostra natura corrotta cercherà di cavillare per impedirci di adempiere al nostro dovere; perciò, badate bene a ciò che sto per dirvi (voglia Dio convincere i vostri cuori): colui che non è disposto a separarsi dai suoi beni per amore di Cristo, non è un vero cristiano! So bene che il cuore avaro cercherà ogni scusa per evitare di dividersi da ciò a cui è attaccato per ubbidire alla volontà di Dio, ma coloro che sono veri discepoli di Cristo seguiranno l’esempio del divino Maestro. Oh, quanto bene potrebbero fare i pastori del gregge se non amassero il mondo, né le cose che sono del mondo! Oh, se spendessero tutto ciò che Dio ha dato loro per fare del bene agli altri! Questa testimonianza aprirebbe molti più cuori alle dottrine della grazia di tutta la loro eloquenza! Anche se non dobbiamo rinchiuderci nei monasteri rinunciando ad ogni possedimento come fanno certuni, pure non dobbiamo possedere nulla che non appartenga prima a Dio.
4. Badate di non essere schiavi di quei peccati contro cui predicate e che condannate pubblicamente
Magnifichereste Dio sul pulpito per poi disonorarlo come gli altri ipocriti? Proclamereste il regno di Cristo per poi disprezzarlo, ribellandovi ad esso? Dichiarereste la perfezione della legge del Signore per poi trasgredirla? Come potreste vivere nel peccato? Se il peccato è pericoloso, perché lo accarezzate? E se non lo è, perché persuadete gli uomini a non peccare? Se è cosa spaventevole cadere nelle mani del Dio vivente, perché non camminate nel suo timore? E se non è così, perché allora allarmare le persone senza motivo? Perché tu che insegni agli altri, non insegni a te stesso (Romani 2:21-23)? Badate dunque a voi stessi, affinché non predichiate contro quei peccati dei quali siete ancora schiavi; infatti “uno è schiavo di ciò che lo ha vinto” (II Pietro 2:19). “Non sapete voi che se vi offrite a qualcuno come schiavi per ubbidirgli, siete schiavi di colui a cui ubbidite: o del peccato che conduce alla morte o dell’ubbidienza che conduce alla giustizia?” (Romani 6:16). Fratelli miei, ricordatevi che è più facile denunciare il peccato che vincerlo.
5. Infine, badate di non essere privi delle qualifiche necessarie allo svolgimento del ministero cristiano
Colui che deve insegnare ad altri la via della salvezza, non può essere un fanciullo in quanto a conoscenza. Quali requisiti sono necessari per noi che abbiamo una così grande responsabilità! Quanti passi biblici difficili dobbiamo saper spiegare agli altri e quanti problemi teologici da risolvere! Dobbiamo fuggire il male nelle sue varie manifestazioni; dobbiamo aprire gli occhi degli altri affinché non cadano in tentazione e dobbiamo saper risolvere svariati casi di coscienza. Come può un lavoro di questo tipo essere svolto da persone impreparate o immature? Quale ostinatezza e malizia nei cuori di coloro con cui abbiamo a che fare! Quanti pregiudizi nelle menti di coloro che ci ascoltano! Siamo di fronte ad uomini e donne dal cuore caparbio, che anche quando sono zittiti non riconoscono di aver torto e non si lasciano convincere. 
Quali uomini dovremmo essere in capacità, determinatezza ed instancabile diligenza! Paolo conosceva la propria insufficienza di fronte ad una tale chiamata e noi considereremo il ministero con superficialità o, peggio ancora, con sufficienza e spavalderia come se noi, invece, fossimo sufficienti? Il ministero cristiano non è un peso per le spalle di un ragazzino! Non penso che predicare un sermone sia la cosa più difficile per noi. Eppure, quale capacità è necessaria per esporre in maniera chiara tutto il consiglio di Dio, per convincere chi ci ascolta affinché la loro coscienza sia rischiarata? E non dimentichiamo che il linguaggio che adoperiamo e il nostro comportamento devono essere coerenti al messaggio che annunciamo. Dio dovrebbe essere onorato e glorificato dalla nostra predicazione, ma a causa della nostra debolezza e negligenza può avvenire il contrario! Quante volte gli schernitori sono usciti dal locale di culto beffandosi del Vangelo a causa delle mancanze del predicatore? Le persone si addormentano quando predichiamo se la nostra lingua e il nostro cuore sono addormentati e non abbiamo la capacità di svegliarli!

E ancora: quale abilità è necessaria per difendere la verità contro quelli che la contraddicono? Se noi veniamo meno di fronte a questo dovere (Tito 1:9), i nemici della verità esulteranno. Tuttavia, questo è il male minore. Infatti, chi può dire quante anime deboli ed instabili saranno danneggiate e quale disprezzo sarà suscitato verso la chiesa?

Oh fratelli! È vero, la necessità obbliga la chiesa a tollerare chi è debole, ma guai a noi se tolleriamo con indulgenza le nostre debolezze! Esiste forse un metodo per portare frutto, pur vivendo nell’ozio e nella trascuratezza? Se saremo pigri, spegneremo lo Spirito Santo! Dio ci insegna che nella sua opera dobbiamo essere “ferventi nello spirito” (Romani 12:11). Perciò, fratelli miei, non sprecate il tempo a vostra disposizione. Studiate e pregate, predicate e fate del bene a tutti. Badate a voi stessi, affinché la vostra negligenza non danneggi l’opera di Dio.

Da una predicazione di Richard Baxter



"Esorto dunque gli anziani che sono tra di voi, io che sono anziano con loro e testimone delle sofferenze di Cristo e che sarò pure partecipe della gloria che deve essere manifestata: pascete il gregge di Dio che è tra di voi, sorvegliandolo, non per obbligo, ma volenterosamente secondo Dio; non per vile guadagno, ma di buon animo; non come dominatori di quelli che vi sono affidati, ma come esempi del gregge. E quando apparirà il supremo pastore, riceverete la corona della gloria che non appassisce"
(1 Pietro 5:1-4) 

martedì 20 agosto 2013

Tornare sui sentieri antichi


 I nostri sentieri alpini e il loro significato 

In una pubblicazione del Club Alpino Italiano ho trovato il seguente testo: “Un detto orientale recita: ‘Per alta che sia una montagna, un sentiero vi si trova’. Le definizioni tecniche di "sentiero" sono molteplici, ma per gli escursionisti è una sola: "Ponte tra il rumore della vita ed il silenzio delle vette". Quando un escursionista, aggiustandosi lo zaino sulle spalle, imbocca un sentiero, si lascia alle spalle un mondo amato per il benessere che propone, ma con preoccupazioni e angustie normali nella vita quotidiana; preoccupazione ed angustie che alla lunga ci infastidiscono come un rumore sordo, martellante, continuo. Va verso un mondo più rude, più esigente, con meno comodità, ma senza quel fastidioso rumore, … va verso un mondo più silenzioso, dove ogni cosa o gesto, anche se piccolo, assume un valore immenso, dove ogni giorno che nasce ti riempie di voglia di vita, dove ogni tramonto ti fa sognare il giorno dopo. Tutto questo è possibile grazie al semplice "sentiero", traccia a volte impercettibile tra rocce e baranci, ma carico di vita propria. In montagna ogni sentiero ha una sua storia ed una sua anima. Si riconoscono quelli nei quali sono transitate le mandrie, quelli più battuti dai boscaioli, quelli percorsi un tempo dai carbonai, quelli sofferti dai nostri soldati. Lungo i sentieri si parla molto con sé stessi, perché la fatica toglie il fiato ma non il pensiero, e c’è il tempo per riflettere. In quell’andare silenzioso, sovente raccolto, in quel colloquiare composto, quasi intimo scambio di sentimenti, un passo dopo l’altro, c’è una spiritualità sentita, anche se non dichiarata. C’è chi considera il sentiero una violenza fatta alla montagna, ma non è così, se il tracciato ripercorre antichi percorsi. E’ anzi nuova vita per la montagna, molto spesso abbandonata e dimenticata. L’efficienza dei sentieri è indice di rispetto verso coloro che li hanno tracciati, spesso col duro lavoro e per necessità di vita. Sono comunque un patrimonio a disposizione di tutti, e il loro mantenimento permette di raggiungere, con sicurezza, luoghi meravigliosi, senza necessariamente raggiungere una vetta”. 

Un'immagine ricorrente 

L'idea di un aspro sentiero che sale su una vetta è un'immagine che ricorre nella Bibbia. E' il sentiero antico battuto per secoli dal popolo fedele di Dio, un antico e sicuro sentiero che oggi ormai solo più pochi percorrono perché la maggior parte degli altri preferiscono ...le moderne autostrade dove in massa si procede incolonnati verso una vacanza di improbabile ed illusorio riposo. Quello è il sentiero della fedeltà al Dio di Abraamo, di Isacco e di Giacobbe, al Dio di Gesù Cristo. E' un sentiero percorso oggi da pochi. Gesù stesso l'aveva detto: "Entrate per la porta stretta, poiché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa. Stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano” (Matteo 7:13-14).
La Parola di Dio ci esorta oggi con le stesse parole usate dall'antico profeta Geremia, che dice: "Fermatevi sulle vie e guardate, domandate quali siano i sentieri antichi, dove sia la buona strada, e incamminatevi per essa; voi troverete riposo alle anime vostre! Ma quelli rispondono: "Non c'incammineremo per essa!" (Geremia 6:16). Vediamo innanzitutto il contesto originale di queste parole nell'ambito del capitolo 6 del libro del profeta Geremia.

Esame del testo Geremia 6

Nel capitolo 6 di Geremia troviamo il profeta che emette il giudizio di condanna da parte del Signore sul regno di Giuda, quello rimasto dopo la separazione del regno di Israele in due tronconi contrapposti ed in competizione. Il regno del nord (chiamato "Israele") era già stato sbaragliato e distrutto dall'invasore assiro. Quello del sud (chiamato "Giuda") si riteneva al sicuro, certo della protezione che il Signore avrebbe loro garantito (così credevano perché non si trattava di una protezione incondizionata). Si era però altrettanto corrotto moralmente e spiritualmente ed il Signore non avrebbe mancato di eseguire verso di esso il Suo giudizio di inappellabile condanna attraverso la stessa potenza imperialista assira.

1. L'esecuzione certa del giudizio di Dio (1-3)

1 «Figli di Beniamino, cercate un rifugio lontano da Gerusalemme;
sonate la tromba in Tecoa;
innalzate un segnale su Bet-Cherem,
perché dal settentrione avanza una calamità,
una grande rovina.
2 La bella, la voluttuosa figlia di Sion,
io la distruggo!
3 Verso di lei vengono dei pastori con le loro greggi;
essi piantano le loro tende intorno a lei;
ognuno d'essi bruca dal suo lato.
Geremia annuncia che un invasore proveniente dal nord, si sarebbe abbattuto sul regno di Giuda con capitale Gerusalemme. Sarebbe stato per esso un'immane rovina. Ogni resistenza sarebbe stata futile. Solo la fuga e il rifugiarsi lontano avrebbe potuto salvarli. Tutti dovevano essere avvertiti e passare all'azione prima che fosse troppo tardi. Una tale calamità e distruzione sarebbe stata l'espressione del giudizio di Dio su di loro. "Io la distruggo" (2 b) dice Dio stesso. Il regno di Giuda è compiacente verso sé stesso come una donna vanitosa che, ammirandosi, si guarda allo specchio, ma la cui bellezza è artificiosa e passeggera, oppure come un tenero prato che dei pastori con le loro greggi verranno a brucare.
Così è pure l'irresponsabile e narcisistica compiacenza dell'uomo moderno. Checché ne dicano gli inganni dei "buonisti" di oggi che parlano di un "Dio che perdona sempre"  il Nuovo Testamento proclama: "L'ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ingiustizia degli uomini che soffocano la verità con l'ingiustizia ... Tu, invece, con la tua ostinazione e con l'impenitenza del tuo cuore, ti accumuli un tesoro d'ira per il giorno dell'ira e della rivelazione del giusto giudizio di Dio" (Romani 1:18; 2:5). Solo Gesù ci può liberare dalla "ira a venire" (1 Tessalonicesi 1:10). La Scrittura ci dice: "Badate di non rifiutarvi d'ascoltare colui che parla; perché se non scamparono quelli, quando rifiutarono d'ascoltare colui che promulgava oracoli sulla terra, molto meno scamperemo noi, se voltiamo le spalle a colui che parla dal cielo" (Ebrei 12:25).

2. Una seria minaccia, un serio appello al ravvedimento (4-8)

4 Preparate l'attacco contro di lei;
alzatevi, saliamo in pieno mezzogiorno!
Guai a noi, perché il giorno declina,
e le ombre della sera si allungano!
5 Alzatevi, saliamo di notte,
e distruggiamo i suoi palazzi!»
6 Infatti così parla il SIGNORE degli eserciti:
«Abbattete i suoi alberi,
ed elevate un bastione contro Gerusalemme;
quella è la città che deve essere punita;
dappertutto, in mezzo a lei, non c'è che oppressione.
7 Come un pozzo fa scaturire le sue acque,
così essa fa scaturire la sua malvagità;
in lei non si sente parlare che di violenza e di rovina;
davanti a me stanno continuamente sofferenze e piaghe.
8 Correggiti, Gerusalemme,
affinché io non mi allontani da te,
e non faccia di te un deserto,
una terra disabitata!»
È il Signore Iddio che qui viene presentato preparare l'attacco ("una guerra santa") contro Giuda al comando Egli stesso dell'esercito assiro! Esso viene esortato a non esitare ed a profittare della "notte". Vi è persino suggerita una strategia. Gerusalemme deve essere punita ("visitata" da Dio) perché in essa vi si tollera in modo compiacente ogni ingiustizia ed è essa stessa "la città della menzogna". Dio le comanda così di ravvedersi, di "lasciarsi correggere" prima che sia troppo tardi ed essa stessa si trasformi in una desolazione. Dio le dà quindi un'ultima possibilità di salvezza.
La condanna emanata da Dio non è arbitraria, ma si basa su precise prove giudiziarie: la trasgressione del patto che li lega a Lui le cui prescrizioni morali e conseguenze della loro trasgressione sono state chiaramente enunciate. Questo vale tanto per l'umanità quanto per la chiesa, ugualmente responsabili verso Dio. La giustizia come definita da Dio e che riguarda i nostri rapporti con Lui e con gli altri, ciò che ci rende giusti e retti davanti a Dio, deve essere rispettata. Menzogna, malvagità, violenza, rovina, sofferenze non sono cose da poco davanti a Dio e che si possano trascurareL'onesto riconoscimento delle nostre trasgressioni insieme alla nostra determinazione ad emendare il nostro comportamento per conformarlo alla Sua realtà, è parte integrante ed indispensabile della nostra risposta all'annuncio della grazia.

3. Colpevole e fatale negligenza (9-13)

9 Così parla il SIGNORE degli eserciti:
«Il resto d'Israele sarà completamente racimolato come una vigna;
ripassa con la mano,
come fa il vendemmiatore sui tralci.
10 A chi parlerò, chi prenderò come testimone perché mi ascolti?
Ecco, il loro orecchio è incirconciso,
essi sono incapaci di prestare attenzione;
ecco, la parola del SIGNORE è diventata per loro un obbrobrio,
non vi trovano più nessun piacere.
11 Ma io sono pieno del furore del SIGNORE; sono stanco di contenermi.
Rivèrsalo sui bambini per la strada
e sui giovani riuniti assieme;
poiché il marito e la moglie,
il vecchio e l'uomo carico d'anni saranno presi tutti insieme.
12 Le loro case saranno passate ad altri,
così pure i loro campi e le loro mogli,
poiché io stenderò la mia mano sugli abitanti del paese»,
dice il SIGNORE.
13 «Infatti dal più piccolo al più grande,
sono tutti quanti avidi di guadagno;
dal profeta al sacerdote,
Giuda rischia anch'essa di diventare una vigna che sarà completamente racimolata. Il profeta è però pessimista: troverà chi lo stia veramente ad ascoltare e lo prenda sul serio? Sembrano infatti "incapaci di ascoltare".Nessuno sembra trovar più alcun piacere nella Parola di Dio, anzi, essa è convenientemente distorta, vilipesa e disprezzata. Il profeta non riesce a contenere la sua ira davanti a tanta cecità ed ostinazione. Non si rendono conto che "la mano di Dio" non avrà pietà colpendo sia giovani che anziani, inclusi profeti e sacerdoti, perché tutti sono "avidi di guadagno" e "praticano la menzogna".
È la situazione in cui spesso si trova davanti la Parola di Dio. Sordità spirituale, indisponibilità all'ubbidienza della fede, mancanza di apprezzamento per la Parola di Dio, è la condizione che caratterizza l'uomo naturale che ne è impermeabile e refrattario. La critica e il rifiuto pregiudiziale, risultato di una mente ottenebrata dal peccato, lo tiene lontano dal rispondere a ciò che sarebbe la sua salvezza. Solo l'opera rigenerante dello Spirito di Dio può, infatti aprire cuore e mente, scuotendolo dal suo sonno spirituale, anzi, facendolo risorgere dalla sua morte spirituale. Che dire, però, quando tali atteggiamenti di critica, indisponibilità e negligenza caratterizzano, in certi momenti storici, lo stesso popolo di Dio, la chiesa? Proprio loro che dovrebbero saperne meglio, vivendo ed apprezzando pienamente la Parola vivificante di Dio, si fanno attrarre dalle ingannevoli seduzioni di questo mondo (vile guadagno" e menzogna) e mettono da parte i tesori della Parola di Dio e della comunione con Lui? È la situazione denunciata alle chiese a cui si rivolge il libro dell'Apocalisse nei suoi primi capitoli. Alla chiesa di Efeso, per esempio, dice: "Ho questo contro di te: che hai abbandonato il tuo primo amore. Ricorda dunque da dove sei caduto, ravvediti, e compi le opere di prima; altrimenti verrò presto da te e rimuoverò il tuo candelabro dal suo posto, se non ti ravvedi" (Apocalisse 2:4-5). Troviamo così come l'appello al ravvedimento non riguardi solo coloro che giungono per la prima volta alla fede in Cristo, ma anche le chiese costituite che possono decadere e persino essere abbandonate da Dio se non Gli si dimostrano fedeli.

4. Incapacità di vedere il proprio problema (14-15)

14 Essi curano alla leggera la piaga del mio popolo;
dicono: "Pace, pace",
mentre pace non c'è.
15 Saranno confusi perché commettono delle abominazioni;
non si vergognano affatto, non sanno che cosa sia arrossire;
perciò cadranno fra quelli che cadono;
quando io li visiterò saranno abbattuti»,
dice il SIGNORE.
Il popolo di Dio è spiritualmente profondamente malato, ma i loro leader dicono che le cose stanno bene così, "al massimo ha un raffreddore" e se ne curano "alla leggera", agiscono come se le ferite del popolo fossero solo graffi. Dicono "Tutto andrà bene", ma non andrà affatto bene! Di fatto commettono "abominazioni" senza vergognarsene, e "saranno sorpresi" quando il giudizio di Dio si abbatterà su di loro. La situazione umana è tragica, ma per la maggior parte delle persone "non c'è problema" o comunque nulla che non possa essere risolto da noi stessi o con l'aiuto di qualche "esperto" di questo mondo. Anzi, Dio stesso, il Cristo, tanti lo vedono come un inutile ingombro... Non di rado simile può essere la situazione del popolo di Dio, la chiesa. Fiera della propria storia, della propria posizione nel mondo, di ciò che ha conseguito, non si rende conto della propria miseria e disutilità per Dio. È la situazione della chiesa di Sardi, menzionata nel libro dell'Apocalisse: "Io conosco le tue opere: tu hai fama di vivere ma sei morto. Sii vigilante e rafforza il resto che sta per morire; poiché non ho trovato le tue opere perfette davanti al mio Dio. Ricòrdati dunque come hai ricevuto e ascoltato la parola, continua a serbarla e ravvediti. Perché, se non sarai vigilante, io verrò come un ladro, e tu non saprai a che ora verrò a sorprenderti" (Apocalisse 3:1-4).

5. Vie moderne e sentieri antichi (16-17)

16 Così dice il SIGNORE:
«Fermatevi sulle vie e guardate,
domandate quali siano i sentieri antichi,
dove sia la buona strada, e incamminatevi per essa;
voi troverete riposo alle anime vostre!
Ma quelli rispondono: "Non c'incammineremo per essa!"
17 Io ho messo delle sentinelle per voi:
"State attenti al suono della tromba!"
Ma quelli rispondono: "Non staremo attenti".
Così, di fronte alle abominazioni che commettono e di fronte alle quali sono ciechi, come pure all'imminente annunciato castigo che ostinatamente negano potrebbe avvenire perché per loro "non c'è problema", il Signore dice loro di "fermarsi" sulle vie larghe che stanno percorrendo (potremmo dire popolari e moderne "strade asfaltate"). Essi dovrebbero però meglio chiedere dei "sentieri antichi" (o "sentieri del passato"), chiedere dove sia "la buona strada" e tornare ad incamminarsi per essa. Che senso ha, potremmo però chiederci, abbandonare la via del progresso per tornare alla "scomodità" e "rozzezza" del passato, un "oscuro ed inquietante medioevo" (come dicono alcuni) da celebrare di tanto in tanto o meglio dimenticare? Tornare a quello che alcuni definiscono la situazione idealizzata di un passato "che non è mai veramente esistito"? Il "progresso" però, quello sì che è un mito. Spesso, infatti, siamo di fronte non ad una evoluzione, ma ad un'involuzione, una degenerazione morale e spirituale di cui non ci su avvede perché ci siamo abituati al presente - sul quale ci concentriamo - e non vediamo le cose "in prospettiva". È sulla freschezza ed entusiasmo delle vie antiche che troveremo la nostra pace, è tornando al nostro "primo amore" che troveremo quello che oggi ci manca.
L'antico popolo di Dio era ad un bivio e così il profeta li esorta a prendere la via più affidabile, quella tracciata nel passato e che conduce alla vera benedizione. E' l'appello che pure risuona nel Deuteronomio: "Ricòrdati dei giorni antichi, considera gli anni delle età passate, interroga tuo padre ed egli te lo farà conoscere, i tuoi vecchi ed essi te lo diranno" (Deuteronomio 32:7). Essi, però, ostinatamente si rifiutano di incamminarsi per questa via. Le sentinelle (i veri profeti) suonano l'allarme, ma essi non vi prestano attenzione. È così anche oggi. Le confessioni di fede di uomini e donne che avevano suggellato con il loro stesso sangue la loro fedeltà alla Bibbia, spesso oggi vengono onorate solo formalmente, relativizzate e disattese per far eco soltanto alle mode culturali ed intellettuali del tempo presente.

6. Sei stato avvertito: ne abbiamo i testimoni! (18-19)

18 Perciò, ascoltate, nazioni!
Sappiate, comunità dei popoli, quello che avverrà loro.
19 Ascolta, terra!
Ecco, io faccio venire su questo popolo una calamità,
frutto dei loro pensieri;
perché non sono stati attenti alle mie parole;
hanno rigettato la mia legge.
Per questo motivo, il Signore chiama come testimoni l'intera "comunità internazionale", le nazioni, tutta la terra. Giuda è stato debitamente avvertito. Dio stesso farà venire su quel popolo le calamità che, in realtà, sono "frutto dei loro pensieri". Non sono, infatti, stati attenti alla Parola di Dio ed hanno respinto la sua Legge. Ne patiranno le conseguenze, quelle che per altro erano state previste nel Suo patto in caso di disubbidienza.
Un giorno non potremo dire: "Non siamo stati avvertiti". In una famosa parabola Gesù parla di un uomo che aveva vissuto in modo egoista ed empio, "fregandosene di tutto e di tutti" e magari anche prendendo in giro la Parola del Signore che lo avvertiva delle conseguenze della disubbidienza ai criteri di comportamento stabiliti da Dio. Finito irrimediabilmente in quell'inferno che aveva sempre negato, chiede a Dio di mandare ai suoi fratelli in terra una speciale rivelazione per avvertirli, magari uno che torni dal mondo dei morti, ma che cosa dice Dio per bocca di Abraamo: "Hanno Mosè e i profeti, ascoltino quelli" (Luca 16:29), "Io ho già mandato loro la Bibbia...". L'avrebbero però ascoltata come sufficiente o criticata per "la sua ingenuità"?

7. L'inutilità della religione formale (20-21)

20 Che m'importa dell'incenso che viene da Seba,
della canna odorosa che viene dal paese lontano?
I vostri olocausti non mi sono graditi,
i vostri sacrifici non mi piacciono».
21 Perciò così parla il SIGNORE:
«Ecco, io porrò davanti a questo popolo delle pietre d'intoppo,
nelle quali inciamperanno assieme padri e figli,
vicini e amici, e periranno».
Nonostante il loro comportamento immorale, persistevano a considerarsi un popolo religioso ed a portare avanti i riti e le cerimonie tradizionali. Sarebbero esse servite per farli dichiarare "a posto" davanti a Dio? No. In quella situazione Dio non sa che farsene delle loro opere religiose (incenso, olocausti, sacrifici). Tutte quelle cose non Gli piacciono proprio, non Gli sono gradite: altre sono le priorità per il Signore Iddio, vale a dire l'ubbidienza alla Sua legge morale. Egli, così, tramite la parola del profeta, rigetta loro e la loro religione di facciata e di comodo.
Saranno confusi e persino scandalizzati" quando vedranno immancabilmente arrivare gli invasori "pietre di intoppo" e periranno. Saranno confusi perché si vedranno oppressi e respinti da Dio proprio quando pensavano di essere al sicuro. "Com'è possibile?", essi si chiederanno. "Pensavamo che Dio fosse un Dio d'amore che perdona sempre!", diranno. Si accorgeranno così di essersi creata una religione di comodo, una teologia per certi versi plausibile, ma fondamentalmente falsa. La loro fede così, insieme alla loro religione, vacillerà, cominceranno a non crederci più. Riusciranno, però, a vedere le cose che loro accadono da un'altra prospettiva?

8. Una risposta sbagliata: scoraggiamento e non ravvedimento (22-25)!

22 Così parla il SIGNORE: «Ecco un popolo viene dal paese di settentrione,
una grande nazione si muove dalle estremità della terra.
23 Essi impugnano l'arco e la freccia;
sono crudeli, non hanno pietà;
la loro voce è come il muggito del mare;
montano cavalli;
sono pronti a combattere come un solo guerriero,
contro di te, figlia di Sion».
24 Noi ne abbiamo udito la fama
e le nostre mani si sono infiacchite;
l'angoscia ci coglie,
un dolore come di partoriente.
25 Non uscite nei campi,
non camminate per le vie,
perché la spada del nemico è là;
tutto intorno è terrore.
Verranno, infatti, da nord crudeli e combattivi invasori. Al solo udirne parlare si sono scoraggiati e spaventati per la loro invincibilità: sarebbe più saggio nemmeno farsi vedere all'aperto, perché ne sarebbero colpiti subito. Dov'è finita la loro fede? Lo scoraggiamento, lo sgomento e la tristezza non è la risposta più appropriata di fronte alle disgrazie che sopravvengono loro. Come dice l'apostolo Paolo: "Perché la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che porta alla salvezza, del quale non c'è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte" (2 Corinzi 7:10).

9. Appello al ravvedimento raccolto da una minoranza (26-30).

26 Figlia del mio popolo, vèstiti di sacco, ròtolati nella cenere,
prendi il lutto come per un figlio unico,
fa' udire un amaro lamento,
perché il devastatore ci piomba addosso improvviso.
27 «Io ti avevo messo fra il mio popolo
come un saggiatore di metalli,
perché tu conoscessi e saggiassi la loro via.
28 Essi sono tutti ribelli incalliti,
seminano calunnie;
sono bronzo e ferro,
tutti corrotti.
29 Il mantice soffia con forza,
il piombo è consumato dal fuoco;
invano si cerca di raffinare,
perché le scorie non si staccano.
30 Saranno chiamati: argento di rifiuto,
perché il SIGNORE li ha rigettati».
Il ravvedimento da parte del popolo ribelle a Dio sarebbe quanto mai così opportuno. Il profeta, infatti, è stato messo fra quel popolo per saggiarne la condotta e sono stati trovati sommamente manchevoli: ribelli incalliti, corrotti e corruttori, gente che, pur considerandosi (a parole) "amica di Dio" sono avvezzi a seminano calunnie e diffamare i veri figlioli di Dio. Non sono che scorie di raffineria, rifiuti, perché il Signore li ha rigettati, riprovati.
Grazie a Dio vi sarà "un residuo eletto per grazia", come dice l'Apostolo: "Ma che cosa gli rispose la voce divina? «Mi sono riservato settemila uomini che non hanno piegato il ginocchio davanti a Baal». Così anche al presente, c'è un residuo eletto per grazia. Ma se è per grazia, non è più per opere; altrimenti, la grazia non è più grazia" (Romani 11:5-6). Siete voi fra questi? 

Conclusione 

Ecco così che abbiamo passato in rassegna il sesto capitolo del libro del profeta Geremia. E' parola di Dio per ciascuno di noi oggi. Parla, è vero, della sorte del popolo di Dio, della chiesa, quando è ribelle, corrotto e disubbidiente, chiamandolo al ravvedimento. Lo stesso messaggio, però, potrebbe essere utilizzato anche per chi non fa parte del popolo di Dio. Fare parte dell'umanità, però, non vuole forse dire far parte di creature corrotte e ribelli verso Dio destinate solo al peggio, che, pur tuttavia, ricevono l'appello della grazia di Dio al ravvedimento ed alla fede in Colui che Dio ha provveduto per la redenzione umana?
L'esecuzione del giudizio di Dio è certa: non si tratta di una vuota minaccia, è seria come serio appello al ravvedimento. Siamo colpevoli di fatale negligenza se non vediamo che "abbiamo un problema" che da soli non potremo risolvere. Per questo siamo chiamati ad abbandonare le vie moderne dei vangeli falsi ed a buon mercato che solo illudono per tornare sui sentieri antichi, sicuri e che portano alla meta: essere quel che eravamo destinati ad essere come creature di Dio destinate a vivere in comunione con Lui. La Parola di giudizio e di grazia è giunta così fino a noi. Siamo stati avvertiti e ne abbiamo i testimoni. Non nascondiamoci dietro alla religione formale che davanti a Dio non ci giustificherà, né rispondiamo a tutto questo in modo sbagliato: con lo scoraggiamento e non con il ravvedimento. Nel Signore e Salvatore Gesù Cristo, quello che ci è testimoniato dal Nuovo Testamento, potremo trovare salvezza. Chi raccoglierà questo appello? Forse solo una minoranza, ma che noi tutti si possa far parte di essa, con coraggio, il coraggio dell'autentico anticonformismo! 

di Paolo Castellina 



"«Perciò la loro strada sarà per loro come sentieri sdrucciolevoli; essi saranno sospinti nelle tenebre e in esse cadranno, perché farò venire su di loro la calamità nell'anno della loro punizione», dice l'Eterno."
 (Geremia 23:12)

ciao

per tutti coloro che mi vogliono bene un invito a riflettere

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